I NOSTRI PESCI
A cura del Dott. Fernando Lunelli – Fondazione E. Mach.
I pesci commercializzati da ASTRO appartengono alla famiglia dei Salmonidi e sono allevati nell’ambito territoriale previsto dalla IGP ovvero in Trentino e nel comune di Bagolino. Questi salmonidi allevati dai soci ASTRO sono specie particolarmente esigenti poiché per loro natura crescono in ambienti incontaminati. Per vivere e crescere sani esigono acqua di grande qualità, fredda e continuamente rinnovata. E’ fondamentale poi per ottenere una produzione di qualità garantire loro anche un ambiente allevativo igienicamente sano ed una alimentazione equilibrata costituita da farine animali e vegetali, oli, vitamine, fibre vegetali, sali minerali, oligoelementi e vitamine assolutamente prive di OGM. L’insieme di questi fattori garantiscono al pesce allevato il benessere necessario per ottenere un prodotto di alta qualità che possa soddisfare l’esigenza di tutti i palati.
Curiosità e storia della troticoltura in Trentino
A Molina di Ledro, in loc. alla Volta di Besta, nel 1858 Agostino Zecchini, dopo aver viaggiato per Austria, Germania, Francia e Svizzera, sperimentava le prime fecondazioni artificiali di alcune specie ittiche che vivevano nel lago di Ledro e costruì il primo allevamento di trote fario del lago e ne seminò in esso milioni di trotelle. Egli è considerato il primo piscicoltore Trentino, Tirolese e Italiano (Lappi E. 2008. La piscicoltura nella Judicaria dalle origini alla metà del ‘900. Judicaria 69:95pp).
Gli albori della troticoltura commerciale trentina possono esser fatti risalire alla seconda metà dell’800. Per agevolare lo sviluppo della pesca (importante apporto proteico) don Francesco Canevari (curato di Torbole) chiese aiuto a Zecchini per sviluppare la piscicoltura in Trentino (e Tirolo). La prima azione concreta si ebbe nel 1879, quando per iniziativa di don F. Canevari e del Conte F. Bossi Fedrigotti della Società Agraria Roveretana, venne costruito lo Stabilimento Artificiale di Pescicoltura di Torbole, che si resse nella forma di una società per azioni, con un proprio statuto e consiglio direttivo. Lo Stabilimento, nel quale si svolgeva il ciclo biologico completo della trota, produsse e distribuì per i ripopolamenti dei corsi d’acqua e laghi uova e avannotti di trota fario, trota lacustre, trota iridea, salmerino di fonte e carpione del Garda. Lo Stabilimento di Torbole ottenne vari riconoscimenti anche a livello europeo e diffuse nel Trentino la pratica della pescicoltura e introdusse nella nostra provincia la trota iridea e il salmerino di fonte. A questa seguirono nel 1891 a Predazzo, nel 1902 a Giustino e nel 1926 a Tione le prime pescicolture private. Oggi le troticolture in Trentino sono circa 60 e producono tutte le specie ittiche sotto descritte.
L’allevamento
Le condizioni ambientali della “zona della trota e del salmerino”, tipica del tratto montano dei fiumi e dei laghi alpini, è caratterizzata da acque abbondanti e ricche d’ossigeno ma fredde, che non consentono di ottenere nelle troticolture di montagna produzioni unitarie elevate e paragonabili a quelle ottenute in pianura utilizzando le acque di risorgiva. Tale svantaggio è compensato dalla qualità superiore del prodotto che nell’ambiente montano viene a formarsi. Qualità e quantità dell’acqua sono i fattori più importanti nell’allevamento dei salmonidi, pesci che richiedono acque abbondanti, pulite, fresche ed ossigenate.
Come è noto, i pesci sono eterotermi o a sangue freddo, quindi il loro metabolismo è condizionato dalla temperatura dell’acqua. Mentre in altre regioni , quali ad esempio Friuli e Veneto, fornite di acque sorgive con temperature di 11 – 13 °C anche d’inverno, il ciclo d’allevamento della trota da porzione è di 11-13 mesi, nel Trentino, dove le acque sono mediamente assai più fredde avendo temperature comprese fra 0 e 10 °C da novembre a marzo, occorrono da 12 a 20 mesi. Questo, se da un lato penalizza l’aspetto quantitativo della produzione, dall’altro esalta le caratteristiche qualitative e organolettiche delle carni caratterizzandole per la maggior consistenza e conservabilità, miglior sapore e un minore contenuto in lipidi che nelle nostre trote di montagna non supera il 6%.
Va sottolineato inoltre che la quasi totalità delle troticolture trentine, grazie alla grande disponibilità idrica ed alla pendenza del terreno, sono strutturate con vasche in successione aventi dislivelli tra una vasca e l’altra che permettono una ossigenazione naturale dell’acqua.
Alimentazione
La qualità degli alimenti e le modalità di somministrazione rivestono enorme importanza nel determinare le qualità organolettiche della carne; pertanto è necessario rispettare precise linee di condotta utilizzando mangimi completi, senza la necessità di altre aggiunte, i cui componenti sono costituiti da alimenti semplici che devono essere esenti da sostanze estranee che possano influire sulla salute degli animali allevati e sulla salubrità del prodotto finale. La componente proteica di questi alimenti deve essere principalmente apportata da farina di pesce mentre la componente energetica deve essere fornita dall’olio di pesce, consentendo al prodotto di avere alti livelli di acidi grassi omega 3.
TROTA IRIDEA (Oncorhynchus mykiss Walbaum, 1792)
È certamente uno tra i pesci di acqua dolce più conosciuti e apprezzati.
Con il marchio Astro si presenta sul mercato in numerose varianti pronte a soddisfare tutti i gusti. Prodotti freschi tradizionali, quali la trota intera già pulita o il filetto, pronti da cuocere, come i tranci panati, oppure da consumare direttamente come il carpaccio, i filetti affumicati e marinati e hamburger. Davvero stuzzicanti sono infine gli hamburger, pensati in particolar modo per i più piccoli.
Morfologia
La trota iridea ha il corpo tipico del grande nuotatore che vive in acque correnti. Esso è fusiforme e slanciato e leggermente compresso sui fianchi, bocca grande munita di numerosi denti acuti, pinne normalmente ben sviluppate e pinna caudale con bordo dritto o moderatamente concavo. Come in tutti i salmonidi è presente la pinna adiposa in posizione dorsale, con inserzione poco prima della pinna caudale.
La livrea della trota iridea ha riflessi multicolori con predominio di verde, viola, azzurro ed è punteggiata fin sulla coda di macchioline nere nella parte dorsale. Sui fianchi, lungo la linea laterale, si osserva una fascia più o meno alta, estesa, di tonalità rosata o purpurea, più intensa durante il periodo riproduttivo. Per questo motivo la trota iridea è chiamata anche trota arcobaleno. L’intensità del colore della livrea può cambiare in relazione all’ambiente naturale ed in concomitanza del periodo riproduttivo.
In Trentino la trota iridea è il pesce maggiormente impiegato in acquacoltura in quanto riesce ad adattarsi meglio di altre specie.
In natura vive nei fiumi pedemontani, torrenti di fondovalle e raggiunge anche la lunghezza di oltre 1 m e peso fino a 20 kg. E’ prevalentemente carnivora e si riproduce a partire dal terzo anno e depone le uova sui fondali ghiaiosi in corrente, ricoprendoli ma senza effettuare cure parentali.
La trota iridea, importata nella seconda metà dell’800 dall’America del Nord, si è acclimatata in alcuni corsi d’acqua del Trentino formando piccole popolazioni spontanee stabili. Frequentemente la si trova nell’alto corso del Travignolo, Rio Bocche, Rio Iuribrutto, Rio Molino e nel torrente Dal.
SALMERINO
Di questo salmonide pregiato in Trentino ne sono allevate due specie: l’alpino, considerato autoctono con distribuzione oloartica, e il fontinalis proveniente dal versante atlantico dell’America settentrionale.
Le due specie si distinguono principalmente per i seguenti caratteri morfo-cromatici:
– il Salmerino alpino presenta corpo ricoperto in modo uniforme da piccole macchie giallastre e con il bordo esterno delle pinne ventrali, pettorali e anale di colore bianco. È un salmonide tipico dei laghi alpini con acque molto fredde;
– il Salmerino fontinalis presenta un disegno cromatico particolare sul bordo della pinna dorsale e caudale di tipo marmoreggiato o vermiculato e presenta il bordo esterno delle pinne ventrali, pettorali e anale di colore bianco affiancato da una banda nera disposta sul bordo. È una salmonide che frequenta i corsi d’acqua a corrente veloce e con acqua molto fredda e per questo viene chiamato spesso salmerino di fonte o di fiume.
La specie è polimorfica essendo conosciute in natura popolazioni molto differenti tra loro per taglia, forma e livrea. Il corpo è simile alla trota iridea ma si distingue per la livrea più elegante dalla colorazione più vivace.
Il Salmerino, rispetto alla trota, è un pesce che vivendo in acque d’alta quota e incontaminate presenta una carne più delicata che lo rende ideale anche per i pranzi delle grandi occasioni.
Salmerino Alpino (Salvelinus alpinus Linnaeus, 1758)
Morfologia
Il Salmerino Alpino del Trentino presenta una colorazione grigio-verde o bruna, con dorso e fianchi punteggiati di macchiette biancastre, gialle o rosee, prive di alone o contorno; pinna dorsale e caudale grigia, le altre arancio con margine anteriore bianco.
La carne è bianca e di buona consistenza, dal sapore delicato dal profumo dell’acqua di sorgente.
La forma molto affusolata e il ridotto contenuto in grassi, sono strettamente legate alle caratteristiche dell’ambiente in cui vengono allevati. L’elemento principale che determina queste qualità è l’acqua abbondante che proviene dai nevai e ghiacciai perenni, con elevato grado di ossigenazione, buona qualità chimica-fisica-biologica e temperatura giornaliera molto bassa, spesso vicino allo zero nei mesi invernali.
Queste condizioni permettono dunque uno sviluppo ed una crescita molto lenta. Basti pensare che per avere un salmerino alpino da porzione si impiegano dai 24-28 mesi.
Il Salmerino alpino è di taglia medio piccola normalmente non supera i 40-45 cm e si nutre di quanto può trovare sul fondo dei lagni alpini d’alta quota (zooplancton, larve d’insetti e piccoli pesci la questi la sanguinerola). Si riproduce all’età di 2-3 anni, tra ottobre e novembre, e depone le uova sui fondali ghiaiosi.
Lo si trova in natura in molti laghi alpini del Trentino come il lago di Molveno, S. Giuliano, Garzonè, Nambino, Vacarsa, Nero, Serodoli, Bocche, Iuribrutto, Colbricon, Lagorai, Cece, Brutto, Stellune, Casarina, Bombasel, Tovel, Barco, Corvo, Sorprasasso, Rotondo, Poinella, Costabrunella, Cima d’Asta.
Curiosità storiche
Il Salmerino alpino è considerata una specie autoctona del territorio trentino, ed è l’unica capace di sopravvivere nei laghetti di circo glaciale posti ad un’altezza di oltre 2000 m in simpatria con la piccola sanguinerola, ciprinide autoctono di piccola dimensione dalla vivace e tipica livrea rossastra.
La specie è considerato uno dei pesci leggendari del Trentino la cui origine è ancora avvolta nel mistero. Fonti storiche citano che il Salmerino alpino era apprezzato molto dal Cardinale Madruzzo durante il Concilio di Trento e dall’imperatore Massimiliano I° d’Asburgo (1459–1519) che durante le battute di caccia e di pesca in Trentino amava gustare. Secondo alcune ricerche storiche (Pechlaner 1984, Manchino 1999, Piccinini et al. 2004) risulta che tra la fine del 1400 e inizio 1500 furono praticate immissioni storiche di salmerino alpino importato da alcuni laghi austriaci per soddisfare i piaceri di pesca e culinari di Massimiliano I°.
Recenti ricerche condotte presso la Fondazione E. Mach (Baraldi F. et al., 2006) testimonierebbero che vi sono in Trentino alcune popolazioni di S. alpino ascrivibili al genotipo austriaco mentre altre formerebbero gruppo separato geneticamente non contaminato pertanto, considerate popolazioni originali.
Inoltre, la presenza del Salmerino nei laghi del Trentino è documentata sin dalla metà del XVI secolo anche da Joannes Jonstonus (1603-1675) . Nella sua opera sulla storia naturale dei pesci, Johannes Jonstonus, naturalista polacco, cita il salmerino presente nei laghi montani del Trentino. Un salmonide di grande fama nel Trentino, il salmerino alpino del lago di Molveno, è elogiato nel 1673 dal Mariani. L’ancor più famoso salmerino del lago di Tovel veniva richiesto e servito alla mensa dei Principi Vescovi, come racconta il Pincio e ricordato anche dal Salviani, medico del papa Giulio III.
Salmerino di Fonte (Salvelinus fontinalis Mitchill, 1815)
Questo salmonide è conosciuto anche con il nome di salmerino americano perché originario del Nord America. In Italia è presente nelle acque delle zone alpine dove si è acclimatato. Popolazioni ben strutturate in Trentino le troviamo normalmente nelle acque dei torrenti posti nella fascia altimetrica più alta ovvero in acque che mantengono una temperatura molto bassa durante tutto l’anno. Si adatta anche ai laghi alpini molto freddi resistendo alle temperature dei laghetti formati dalle acque dei ghiacciai.
Morfologia
La forma del corpo è simile a quello della trota: ha capo e bocca grandi, sui fianchi bruno-violaceo sono presenti numerosi piccole macchie rotondeggianti, in parte giallastre e in parte azzurro-violacee, queste ultime areolate di bianco. Sul dorso, sulla prima dorsale e sulla pinna caudale è presente una vermicoltura analoga a quella della trota marmorata. Le pinne sono di colore giallo-arancio, e bordate anteriormente da due caratteristiche linee: la prima bianca e la seconda nera nella parte interna della pinna. Durante il periodo riproduttivo, la livrea assume colori più accessi , particolarmente nei maschi: la regione ventrale diviene rosso-arancio.
Nei corsi d’acqua del Trentino può raggiungere i 40 cm, ma nei corsi d’acqua di montagna non supera i 20-22 cm. Vive nelle acque fredde, limpide e ossigenate di corsi d’acqua ed anche nei laghi a quote elevate. È carnivoro, gli adulti mangiano anche pesci. Si riproduce a 2-3 anni ed il suo periodo riproduttivo, come per la maggior parte dei salmonidi è l’autunno, quando la luce del giorno si fa breve.
In Trentino lo si trova frequentemente nel Sarca di Val di Genova, L. si S. Giuliano e Garzonè, L. di Malga Bissina, Torrente Maso, Torrente Vermigliana, Torrente Meledrio, Rio Duron, Travignolo, Rio Val Gambis e Lago Lagorai.
CARPIONE del lago di Garda (Salmo carpio Linnaeus, 1758)
L’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura ha inserito nella lista rossa il Carpione poiché considerata una specie in pericolo critico di estinzione (IUCN Red List 2016; Zerunian 2002) e per salvaguardare questa pregiata specie nel 2014 il Consorzio Trentino Piscicoltura in collaborazione con Astro e Fondazione Mach ha avviato un attività diretta alla ricerca, diffusione, valorizzazione ed allevamento del Carpione del Garda anche al fine di recuperare e conservare la specie nel proprio ambiente.Il Carpione è una specie leggendaria del lago di Garda, molto pregiata, ed è presente solo in questo lago quindi è una specie endemica. E’ molto rara, ed ha la peculiarità di avere due periodi riproduttivi, uno estivo e l’altro invernale. Di taglia superiore ai 45 centimetri con peso raramente superiore al kilogrammo, è pelagico pertanto lo si trova solamente lontano dalle rive. La maggior parte dei maschi matura sessualmente già a 16-18 mesi mentre le femmine raggiungono la maturità verso i 30-36 mesi. Le aree di frega sono per lo più localizzate nella parte settentrionale del Lago di Garda sulla sponda bresciana. Esso vive perennemente in profondità e la deposizione delle uova (alcune migliaia per femmina) avviene su fondali ciottolosi di frana o alluvionali, a profondità oltre i 120-150 m. Presenta un comportamento gregario e alimentazione prevalentemente planctofaga nutrendosi inoltre di larve d’insetti , di piccoli crostacei come il Bythotrephes longimanus, ma anche di organismi bentonici e di piccoli pesci.
Morfologia
Simile nell’aspetto alla trota lacustre ma molto più piccolo. Il corpo è fusiforme con pinne ben sviluppate di tonalità grigiastra più o meno scura o brune (pettorali) mentre la pinna caudale presenta una spiccata concavità che contraddistingue il Carpione dalle trote presenti nel lago di Garda. Questo salmonide presenta una lieve variabilità cromatica nella femmina, ma molto spiccata nel maschio. Il carpione presenta sul dorso una colorazione tendente al grigio metallico, fianchi argentei con riflessi dorati e ventre bianco, con alcune piccole macchie nerastre distribuite in posizione dorsale e lungo la linea mediana o laterale. Altre macchie più grandi e irregolari sono presenti sull’opercolo. Il maschi, dal corpo più slanciato presentano sul dorso una colorazione più scura della femmina. La colorazione del ventre del maschio si presenta sfumata con tonalità che vanno dal grigio chiaro o bianco fino a quasi nero nel periodo degli amori. Nel maschio le macchie sul dorso sono più numerose e irregolari nella forma.
Il carpione è un endemismo del Lago di Garda, rinomato da secoli per la prelibatezza delle carni e per un alto valore nutrizionale. Questa specie non deve essere confusa con un altro salmonide, localmente chiamato “carpione del Fibreno” il quale assomiglia alla trota macrostigma ma molto più piccolo (22-23 cm).
Curiosità culinarie del passato
Nel medioevo il Carpione era così abbondante da dover limitare il pescato a 5 q/notte per singola imbarcazione. Esso veniva pescato con delle reti particolari e molto estese chiamate “il Brozzol da Carpioni” (rete di fondo trainata da una barca) oppure “la Cobia” (grande rete di superficie formata da 2 “Sardenari” o 2 “Comacchi” posti l’uno di fronte all’altro trainati e chiusi da 4 barche).
Il carpione pescato con la Cobia o in altro modo, doveva essere eviscerato immediatamente e cucinato per evitare il deperimento della carne e mantenerne la delicatezza e per poterlo commercializzare anche in luoghi lontani.
Nasce così la ricetta del “Carpione incarpionato” dove troviamo le testimonianze storiche nel “Terzo Libro dell’Opera” scritta dal cuoco di Papa Pio V, M. Bartolomeo Scappi (1570), nel “Trattato della Natura dei cibi e del bere” di Baldassarre Pisanelli (1586) e nel testo “L’arte di Ben Cucinare” (1685) di Bartolomeo Stefani cuoco ducale dei Gonzaga di Mantova. La ricetta è la seguente: appena pescato il carpione deve essere eviscerato e con o senza scaglie messo nel sale per alcune ore, poi fritto nell’olio affinché viene a galla ancora bianco (non “arso” come dice Scappi) e lo si toglie dall’olio lasciandolo sgocciolare. Viene messo poi in un vaso nel quale si mette per 12 minuti dell’aceto bianco fatto bollire prima con un po’ di sale e aromi (lauro o alloro, mirto o mortella, cedro) e poi si toglie. Cucinato e marinato in questo modo lo si pone in un cestello di legno sopra a foglie di lauro e mortella. La cottura e conservazione fatta in questo modo permette di portarlo al mercato o in luoghi lontani anche dopo molti giorni. Il carpione incarpionato veniva servito con alcune gocce di aceto rosso e un po’ di zucchero sopra.
Cucinare il Carpione mediante “incarpionatura” era una necessità perché non vi erano altri modi per poterlo conservare per parecchi giorni magari per portarlo fino a Roma dal Papa.
(di Lucio Donatini)